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Emanuele Foglia sul Cho Oyu con Suunto Ambit3 Peak Sapphire

6 dicembre 2016

 

Emanuele Foglia spedizione Cho Oyu con Suunto Ambit3 Peak Sapphire

Come ti sei approcciato mentalmente a una montagna “impegnativa” come il Cho Oyu?

Sono sempre stato molto sereno nell’affrontare nuove sfide e vie o inedite montagne, ma il Cho Oyu da subito mi ha suscitato una grande curiosità perché vanta una caratteristica del tutto nuova: l’alta quota, quindi l’aria estremamente rarefatta. Sì, sono stato più volte sopra i 6.000 mt, ma un 8.000 mt è qualcosa di diverso. In questi anni ho sentito parlare tanto degli ottomila, ho letto diversi testi, chiesto ad amici che ci sono stati… e la curiosità nel tempo è cresciuta ancor più”.

Come ti sei preparato a questa grande impresa e quanto tempo gli hai dedicato?

Durante l’inverno e la primavera scorsi ho praticato molto scialpinismo, partecipando anche ad alcune gare, mentre in estate ho affrontato più volte i 4.000 mt del Monte Bianco e del Monte Rosa con clienti e amici. A giugno, in particolare, sono andato in Bolivia: terra magnifica, molto arida con un grande altopiano di 4.000 mt, dove è presente il lago Titicaca, che si affaccia la Cordigliera Real. Siamo saliti su due bellissime cime di oltre 5.000 mt e, poi, l’Ancohuma che vanta 6.427 mt d’altezza. Il meteo in Europa questa estate è stato certamente positivo e ha permesso di effettuare tante uscite in quota. Per esempio, poco prima di partire per il Cho Oyu, ho attraversato la Jorasses: una delle più belle e panoramiche attraversate sui 4.000 mt del Monte Bianco. Siamo partiti dal rifugio Torino e poi via su e giù per la bellissima cresta di Rochefort, salendo due 4.000 mt fino ad arrivare al bivacco Canzio 3.810 mt. Il giorno dopo abbiamo scalato la Punta Yang, 3.960 mt, Punta Margherita 4.065 mt, Punta Elena, 4.045 mt, Punta Croz, 4.110 mt, Punta Whymper 4.184 mt e, infine, la Walker a quota 4.208 mt. Certo, siamo 4.000 mt più bassi del Cho Oyu, ma le difficoltà tecniche e l’esposizione sono maggiori. In quell’occasione ho avuto possibilità di testare e utilizzare attrezzature Salomon e Suunto, che poi ho portato con me anche in Himalaya”.

 Emanuele Foglia guida alpina sul Cho Oyu con l'orologio da alpinismo da alta quota Suunto Ambit3 Peak

Purtroppo non sei riuscito a raggiungere la cima del Cho Oyu, ci puoi dire cosa è successo?

Sì purtroppo non sono arrivato in vetta per una serie di motivi. Siamo partiti con l’idea di salire senza ossigeno. E questo equivale a un grande sforzo sia fisico sia mentale. Intendo dire che oltre i 6.000 mt si fa fatica, ma con un acclimatamento regolare si continua a salire nonostante qualche difficoltà e si riesce a dormire e mangiare abbastanza regolarmente. Il problema invece è oltre i 7.000 mt… si entra nella famosa zona della morte. A quella quota bisogna rimanere meno tempo possibile perché non si riposa ed anche di notte si consumano energie, poi non si riesce a mangiare, e così non si recuperano le forze. Noi, in particolare, siamo stati sfortunati perché per tutto il mese di settembre è stato brutto tempo. Di solito settembre e ottobre sono mesi cui il meteo risulta più stabile, invece quest’anno non è stato cosi: tutti i giorni nevicava intensamente, magari solo per mezza giornata, ma intanto in alto gli accumuli di neve si facevano via via imponenti. Gli sherpa, infatti, hanno ritardato nel creare la traccia e nel piazzare le corde fisse, e noi appena c’erano le condizioni salivamo dietro di loro, ma il problema era la tanta neve non assestata. Siamo comunque riusciti a fare un buon acclimatamento a quota inferiore, ma il tempo passava e così siamo giunti agli ultimi giorni a disposizione. Dal Campo Base Avanzato 5.700 mt, dove eravamo fermi da più di 20 giorni, dopo aver ricevuto alcune notizie di una finestra di bel tempo, decidemmo comunque di partire”.

Com’è si è svolto il tentativo?

Saliamo prima al C1 a 6.400 mt, poi al C2 a 7.200 mt, ma solo in tre. Il giorno dopo che dovevamo salire al C3 a 7.600 mt ha fatto veramente brutto, con bufere di neve e vento fortissimo, così noi e gli sherpa decidiamo di non muoverci e di restare al campo. Sapevamo inoltre che nessuna spedizione era ancora salita al C3 e la cosa non era di buon auspicio. Passiamo così la seconda notte a 7.200 mt senza ossigeno, e il giorno dopo è ancora mal tempo. Tutti eravamo pronti per partire per il C3, ma l’incertezza era molta. Io come tutti non dormii molto, anche per il forte vento, e non mangiai, la quota mette nausea e in più mi è venne un po’ d’influenza intestinale. Il terzo giorno, verso le 11 alcuni dietro ad uno sherpa decidono di partire per il C3. Io e Sergio invece decidiamo di scendere a quel punto, un po’ per il meteo sempre incerto e la tanta neve, ma soprattutto per lo stato fisico considerando che dovevamo passare ancora due notti oltre i 7.200 mt. Scendemmo cosi fino all’ABC e non abbiamo più avuto il tempo per tentare nuovamente l’ascesa alla vetta. Il quarto del gruppo Eumir come condizione stava meglio e decise di proseguire assieme allo sherpa Nuru, che ci ha sempre accompagnati aiutandoci tantissimo. Il gruppo aveva a disposizione 2 bombole di ossigeno d’emergenza e Nuru se ne portò con sé un’altra per sicurezza. Dormirono al C3 7.600 mt e il giorno seguente alle 13.30 conquistano la vetta Cho Oyu a quota 8.201 mt, il tutto senza ossigeno. Ovviamente molto affaticati tornarono al C3 e decisero purtroppo di dormire nuovamente lì. La mattina Eumir non stette bene e, così, piano piano scesero con l’aiuto dell’ossigeno… e per fortuna si riprese. Quel giorno gli andammo incontro salendo nuovamente a 6.800 mt. Nel frattempo il meteo stava peggiorando e cominciava nuovamente a nevicare. Alle 21 ci ritrovammo tutti e 4 al ABC sotto la tenda mensa davanti a un piatto di pasta!”.

 Emanuele Foglia a 7000 metri con orologio da montagna Suunto Ambit3 Peak.

A volte una rinuncia vale più di una conquista, vero?

Questo in verità lo capisci un po’ dopo, perché subito agisci d’istinto rammaricandoti della scelta fatta arrivando, come in questo caso, a 1.000 mt dalla vetta. Il giorno dopo ti rendi conto che salire senza ossigeno non permette di fare più di 3 notti sopra i 7.000 mt, considerando anche gli sforzi fatti nel nostro caso nel fare traccia nella neve tirandosi con forza sulle corde fisse. Serve essere in super condizioni fisiche, c’è bisogno che la montagna ti aiuti e che ci sia un’ottima traccia”.

Cosa ti ha colpito di più di questa imponente montagna?

Sicuramente la sua Maestosa quota. Può sembrare banale, ma è il primo 8.000 che provo a conquistare, e vedere la quota dell’altimetro Suunto Ambit3 Peak Sapphire a 5.000, 6.000, 7.000 ed essere ancora più bassi rispetto la cima fa veramente impressione. Il tutto mi ha fatto realizzare su quanto siamo vulnerabili e deboli in questo ambiente, dove si avverte di avere poche forze e che anche respirare è sinonimo di fatica. Ma quando stai lassù la gioia ti riempie il cuore”.